Il dibattito che ha visto come protagonisti Apple ed FBI ha riacceso la problematica della privacy, tematica per la quale non solo i diretti interessati hanno iniziato a prendere provvedimenti.
WhatsApp, infatti, proprio ieri ha annunciato l’introduzione della crittografia end-to-end per tutti i messaggi scambiati sulla sua piattaforma.
In via preventiva, ad esempio nel caso in cui alcuni Governi decidessero di richiedere l’accesso ai messaggi scambiati da alcuni individui, Zuckerberg ha deciso di blindare totalmente i contenuti e le informazioni scambiate.
Tutti, ma propri tutti, i messaggi scambiati sulla piattaforma saranno criptati e, quindi, inaccessibili a chiunque tenti di leggerli, senza eccezioni; non avranno accesso malintenzionati, governi o dipendenti della stessa società, non vi saranno “backdoor” o “uscite di emergenza”.
La decisione che è stata presa in questi giorni in merito alla crittografia end-to-end, però, fa parte di un progetto di cifratura degli scambi già iniziato da tempo; risale, infatti, alla fine del 2014, anno in cui Zuckerberg ha acquisito l’App fondata da Jan Koum e Brian Acton.
Ieri, finalmente, l’azienda ha postato sul suo blog la notizia del termine del progetto, che coinvolge messaggi, chiamate vocali, chat singole e di gruppo, foto e video.
Come accade per tutte le conversazioni che si hanno a voce, faccia a faccia, non esiste modo di recuperarle, riprodurle o intercettarle, così accade per i messaggi e le informazioni scambiate su WhatsApp. Questo, in sintesi, è l’obiettivo della crittografia end-to-end.
Il messaggio che ci informa dei maggiori livelli di sicurezza del servizio sta arrivando, piano piano (stiamo sempre parlando di un miliardo di utenti), a tutti noi. Io, ad esempio, non l’ho ancora ricevuto, ma, da quanto ho trovato sulla rete, dovrebbe presentarsi così: