Novità in ambito SEO: l’apparente rimozione degli URL nella ricerca da parte di Google potrebbe condizionare seriamente il modo di approcciarsi ai risultati dei motori di ricerca… cosa sta cambiando? Scoprilo con noi!
Siamo ormai abituati alla visualizzazione classica nella SERP (titolo – permalink – meta description) dei risultati delle nostre query su Google.
… e se Google cambiasse tutto?
Già, perché se è vero che Google sta eliminando gli URL – come sembra aver intuito lo staff di CognitiveSeo – gli addetti del settore dovranno confrontarsi con le variazioni inevitabili del traffico da ricerca organica. L’eliminazione completa sarebbe prevista in una fase successiva: a tutti gli effetti, il link di riferimento al sito appare ancora in alto sopra al post, affiancato dall’icona AMP posta molto più in evidenza rispetto alle visualizzazioni precedenti.
Le variazioni, al momento, si limitano al sistema operativo Android.
Ma Google sta davvero eliminando gli URL dai risultati di ricerca? Non proprio: si tratta più precisamente di una valorizzazione delle pagine AMP (Accelerated Mobile Pages) rispetto ai contenuti “lenti” – e l’operazione si configura quindi più come un A/B test, invece che rappresentare una eliminazione in toto degli URL all’interno della visualizzazione da SERP.
Le AMP rappresentano un protocollo web in grado di velocizzare la navigazione da mobile attraverso un layout grafico più snello. Studiato per alleggerire il traffico dati, è stato sviluppato da Google e appoggiato da molte realtà tecnologiche e giornalistiche.
Gli specialisti della SEO sono a conoscenza da tempo del fatto che Google privilegi i contenuti formattati con queste modalità, perché garantiscono universalità di fruizione anche per chi non dispone di una connessione veloce: una pagina in formato AMP può pesare anche 10 volte meno di una formattata come in passato!
Ma Google può davvero fornire, in risposta alle query degli utenti, risultati tanto adeguati da non richiedere una certificazione della fonte? Se per gli utenti medi è già sufficientemente complicato distinguere una notizia vera da una bufala montata ad arte, la rimozione delle fonti potrebbe incentivare il fenomeno.
D’altra parte, c’è chi lavora attentamente allo sviluppo del fenomeno con blog del tipo “fattoquotidaino“, che fanno leva proprio sulla scarsa attenzione al fact checking.
Nell’ipotesi in cui Google riesca a filtrare i risultati in maniera eccellente, le bufale potrebbero scomparire dalle ricerche, segnando un bel goal alle iniziative di fact checking di Facebook.
Non è possibile, al momento, tirare le somme di questa operazione: continuate a seguirci, vi terremo aggiornati sui futuri sviluppi!