Spesso le parole prendono un significato diverso in base al contesto e, scritte per messaggio, senza la possibilità di vedere l’espressione o sentire il tono di pronuncia dell’interlocutore, possono essere travisate. Così accade per le emoji, nonostante rappresentino un linguaggio universale.
Qualche esempio?
Questa emoji, nella versione Google è descritta come “beatamente felice”, mentre nella versione Apple come “pronta a combattere”.
Per non parlare di quella più utilizzata; se per molti è palese che siano lacrime di gioia, per altrettanti rappresentano lacrime di tristezza.
Una ricerca condotta dall’Università del Minnesota ha dimostrato, infatti, che l’interpretazione delle emoji è influenzata dal libero arbitrio dei singoli e dalle diverse versioni che le piattaforme (iOS, Android, Microsoft, etc) forniscono.
I ricercatori riportano: “Abbiamo riscontrato che solo il 4,5% dei simboli esaminati registrava piccole variazioni nel sentimento suscitato, al contrario, nel 25% dei casi in cui i partecipanti hanno valutato lo stesso tipo di simbolo, i partecipanti non erano d’accordo sul fatto che suscitasse un sentimento positivo, negativo, o neutrale”. La discordanza tra le interpretazioni aumenta di molto quando l’emoji viene proposta in versioni differenti, quindi su piattaforme diverse.
Lo studio, condotto su 334 partecipanti richiedeva ad ognuno di valutare 125 emoji, su una scala che andava da -5 (fortemente negativa) a +5 (fortemente positiva), oltre a completare altre domande del questionario, del tipo “cosa significa per te questa emoji?”. La ricerca ha rilevato che quelle meno fraintese sono quella con “ZzZ” e quella con gli occhi a cuoricino, ma le descrizioni variano comunque da soggetto a soggetto.
Insomma, nella comunicazione è chiaro che non sempre possiamo affidarci all’intuito dell’altro; per questo, se necessario, spendiamo una parola in più, onde evitare che una risata si trasformi in un grido di battaglia!